IL DOLORE CRONICO

Il dolore cronico è una condizione neurobiologica complessa, che coinvolge meccanismi del Sistema Nervoso Centrale e Periferico.
Per anni si è creduto che il dolore fosse un semplice campanello d’allarme, un segnale che indicava un danno da “riparare” con interventi meccanici o cure rapide.
Secondo la definizione dell’International Association for the Study of Pain (IASP), il dolore è, invece "un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole, associata a un danno tissutale reale o potenziale, o descritta in termini di tale danno": un’esperienza ben più complessa e multiforme, dunque, che nasce dall’interazione di fattori biologici e psicosociali, in un sistema nervoso plastico e continuamente modificabile,che rivela il perché, non sempre, una radiografia o una risonanza riescono a spiegare l’intensità del dolore vissuto dalla persona colpita.
Non cambia solo il corpo: cambia anche la narrazione interna che il cervello costruisce su di esso, modificando la struttura dei circuiti neuronali che lo costituiscono.
Spesso il dolore cronico si origina da un evento acuto: una lesione, un sovraccarico, un’infiammazione.
All’inizio è un segnale protettivo. Se però viene gestito con approcci frammentari,superficiali, grossolani e riduttivi, volti esclusivamente alla soppressione del sintomo, quel dolore può cronicizzarsi e autoalimentarsi,diventando cronico e farmaco- resistente.
Si instaura così un circolo vizioso. Il dolore diviene,progressivamente, l'unico modo con cui il cervello può interpretare il corpo, aggravando la perdita della capacità di saper integrare altre sensazioni, che è alla base della sana organizzazione motoria.
Il timore del dolore porta all’evitamento e alla riduzione del movimento, con conseguente maggiore impoverimento della capacità informativa dell'unità corpo/mente( cervello).
La sempre più scarsa qualità e quantità di sensazioni/ informazioni che arriva al cervello induce una qualità dell' agire talmente di basso livello,da essere essa stessa causa della continua creazione di sensazioni dolorose che a loro volta fanno ripartire tutto dal principio, imprigionando la persona in una situazione patologica in cui tutto risulta essere causa,concausa ed effetto dello stesso dolore vissuto.
La ridotta ed alterata organizzazione motoria, indotta dal patologico scambio informativo fra corpo e sistema nervoso, genera decondizionamento, rigidità e calo della soglia di tolleranza. La percezione di fragilità e vulnerabilità amplifica la sensibilità al dolore.
Un approccio clinico serio non può limitarsi a classificare il dolore come “biologico” o “psicologico”. Si tratta di un’esperienza emergente: corpo, cervello e contesto interagiscono in modo continuo e dinamico.
Oggi si riconosce con chiarezza che il dolore non è una mera conseguenza di un danno tissutale, ma c’è, anche, un rischio concreto:
attribuire tutto alla mente, potrebbe indurre senso di colpa o frustrazione, nella persona sofferente ed una riduzione dell' importanza dei meccanismi neurofisiologici alla base della sintomatologia dolorosa,con conseguente inappropriatezza delle terapie proposte.
Il dolore cronico nasce da alterazione e/o lesione dell' Unità informativa corpo/mente e non può essere ridotto ad un problema solamente emotivo!
È pur vero, però, che il dolore cronico può essere amplificato da ansia, catastrofismo, isolamento sociale o mancanza di attività.
Risulta dunque di fondamentale importanza, ai fini della modifica o della risoluzione della patologia dolorosa, adottare una strategia riabilitativa in grado di includere negli esercizi terapeutici l' integrazione sensoriale fra ambiente e processi cognitivi alla base della percezione del " sé" e del mondo.
Molte persone con dolore cronico ricorrono a terapie passive come manipolazioni, massaggi o strumentazioni.
Questi approcci terapeutici possono avere,tutt' al più , un effetto positivo che, al massimo, può arrivare a ridurre temporaneamente il dolore e far provare un senso di " leggero sollievo", ma non riescono ad indurre cambiamenti stabili nei circuiti cerebrali in modo tale da dare vita ad un' ottimale riorganizzazione dell' Unità corpo/mente.
I miglioramenti duraturi richiedono un coinvolgimento attivo del paziente durante l' atto terapeutico.
Il sistema nervoso, infatti, grazie alla neuroplasticità, ,guidata da valide esperienze terapeutiche, può rimodulare i circuiti cerebrali implicati nella cronicizzazione del dolore, apprendendo nuove modalità informativo/organizzative solo se la persona viene coinvolta attivamente in compiti che integrano l' informativitá uomo/ ambiente.
La Riabilitazione Neurocognitiva offre un percorso basato proprio su questi pilastri: durante gli esercizi viene richiesto al paziente di ascoltare con consapevolezza, attraverso l'attenzione alla parte del corpo colpita, la variabilità delle sensazioni che emorgono durante l'azione-esercizio, in modo tale da non vivere sempre e tutto attraverso le sole sensazioni dolorose.
Ciò genera la formazione di nuovi circuiti neuronali che , attraverso il loro potenziamento e prolificazione, col tempo, prendono il dominio sulle vecchie reti (capaci di promuovere solo la percezione patologica), inducendo un vero e proprio ribaltamento dei ruoli fra il vecchio" cervello del dolore" ed il nuovo" cervello delle sane sensazioni sane" allontanando gradualmente la persona dalla condizione dolorosa iniziale e ripristinando un' ottimale qualità di vita quotidiana.